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16/07/2015

Perché tanta incapacità?

Filed under: News — Daniele @ 2:57 pm

Qualche tempo addietro mi sono divertito a trascrivere una serie di pensieri del Prof. Edoardo Lombardi Vallauri che avevo sentito alla radio, in auto, e poi ho trovato in rete in podcast. Davvero interessanti.

Radio 3: Castelli in aria – Edoardo Lombardi Vallauri

Perché c’è in giro tanta incapacità? Perché le prestazioni che richiediamo o di cui abbiamo bisogno, sono così spesso tanto deludenti? Treni in ritardo, riparazioni che non funzionano, consulenze sballate, informazioni sbagliate ovunque, il sito del cinema o il giornale che riporta l’orario di un film e poi arrivi e trovi un altro film o un altro orario? Perché viene l’idraulico, monta i sanitari e la tavoletta del cesso non sta diritta? Perché lui ha montato per l’ennesima volta nella sua vita la tavoletta troppo vicina alla parete in modo che il serbatoio dell’acqua crea uno spessore tale per cui poi la tavoletta è stretta e devi tenerla su con le mani sennò non sta diritta? Non fa altro: deve montare 5 tipi di sanitari: sostanzialmente lavandini, bidet, docce, vasche, tazze del gabinetto e ancora una volta viene a casa tua e la monta sbagliata? Perché la gente fa tanti errori? Sembra stupefacente, cioè sembra strano che chi fa un certo mestiere tutto il tempo possa commettere errori che chiunque sarebbe capace di evitare. Beh, con il solito nostro atteggiamento abusivamente semplificatorio, quindi anche semplicistico, cercheremo di dimostrare che non solo non c’è da stupirsi, ma che è assolutamente normale che la gente, nell’esercizio delle sue funzioni, faccia continuamente errori e anzi noteremo che ci sarebbe da stupirsi se, quando richiediamo una prestazione, questa venisse svolta in maniera soddisfacente. Dunque, viene l’idraulico perché c’era un rubinetto che gocciolava modestamente; abbiamo anche aspettato tanto a chiamarlo, poi prima di venire lui ha aspettato ancora di più, viene e naturalmente lo smonta per riparalo, lo mette a posto, se ne va e dopo un’ora ci accorgiamo che c’è una mostruosa perdita d’acqua nel muro posteriore al lavandino oppure andiamo alla stazione dove il nostro treno è annunciato con 45 minuti di ritardo, ne vediamo un altro che è annunciato nella stessa direzione, ci saliamo al volo dopo aver controllato che sulle carrozze sia segnata la nostra direzione e il treno parte nell’altra direzione. Ci lamentiamo, orripilati, con il personale che candidamente ci dice: “Sì! E’ vero: i display sono rotti!”. Tutte cose che succedono, ma perché succedono? Perché c’è tanta incuria? Incuria e incapacità? Di solito ci stupiamo, cioè noi pensiamo che venga l’idraulico, in tuta da idraulico per così dire, e quindi sappia riparare il lavandino, e invece no: poi l’idraulico si dimostra incapace di riparare il lavandino oppure quante volte noi all’artigiano dobbiamo suggerire la cosa giusta da fare sul nostro lavandino, sul nostro lampadario, sul nostro muro, sulla nostra porta? Perché l’occhio interessato del proprietario, vede meglio dell’occhio dell’artigiano la cosa da fare anche se l’artigiano fa otto ore al giorno, da quarant’anni, quel mestiere e noi non lo abbiamo mai fatto: perché ci troviamo in questa situazione?

Secondo me non dobbiamo stupircene e partirei da una costatazione un po’ lontana da tutto ciò ed è questa: a scuola, ogni 25/30 ragazzi, c’è un “primo della classe”. Il primo della classe è quello che quando arriva il compito di matematica lo fa tutto giusto oppure solo con un piccolo errore. Poi ce ne sono un altro paio che mettono qualche errorino, altri che lo fanno passabilmente, ma il grosso della classe ci mette un sacco di errori e la cosa normale è che la maggior parte delle persone faccia un sacco di errori, sia profondamente imperfetta in quello che fa, per mancanza di attenzione, di intelligenza, di capacità generale. Ecco: nessuno si stupisce del fatto che un compito di matematica venga restituito dalla maggior parte degli studenti con un grande numero di errori, un numero di errori tali che se li facesse un artigiano nell’esercizio delle sue funzioni sarebbero assolutamente inaccettabili. Allora, se noi umani siamo in gran parte degli incapaci e siamo in gran parte incapaci perché (poi parliamo di matematica ma naturalmente quello che fa bene il compito di matematica potrebbe anche far male quello di un’altra materia e comunque non ci sono solo le materie di scuola) tutti noi siamo probabilmente più degli incapaci che dei capaci: siamo soggetti all’errore nella stragrande maggioranza delle cose che facciamo in maniera continua. Allora questo si vede a scuola e nessuno si stupisce: lì si vede molto bene; il compito è lì, su carta, nero su bianco, e gli errori vengono segnati in rosso e nessuno si stupisce. Perché le stesse persone, quando smettono di andare a scuola, e fanno anche una scuola professionalizzante, anche lì fanno errori; però poi quando indossano le vesti del fornitore, del ferroviere, dell’artigiano, del riparatore, dovrebbero miracolosamente diventare quelli che fanno tutto il compito di matematica senza fare neppure un errore? Possono i non primi della classe diventare primi della classe tutti quanti solo perché ad un certo punto comprano un furgoncino e ci fanno serigrafare sopra “termo-idraulica Tizio”? Certamente no. Rimangono persone che fanno moltissimi errori, a volte persone che fanno “soprattutto” errori. E allora i treni sono in ritardo, i professori insegnano male, i consulenti finanziari ti consigliano qualcosa che ti rovina i pochi soldi che avevi, e non è strano perché la maggior parte delle persone che fanno questi lavori, hanno un tasso di impegno e di capacità simile a quelli che avevano a scuola dove nessuno si stupisce e dove anche nessuno si lamenta perché, in fondo, il compito di matematica sbagliato resta lì, non ha conseguenze, non crea una infiltrazione di acqua nel muro, non crea un ritardo del treno. Ma alla base di tutti questi disservizi ci sono le stesse incapacità: siamo una specie umana, siamo una specie animale, che ha le sue imperfezioni; non siamo delle macchine teoriche perfette e quindi mettiamo errori dappertutto. Bene: allora aspettiamoci che gli errori ce li metta anche l’idraulico nel suo riparare il nostro lavandino.

D’altra parte i sistemi complessi, le società funzionano nonostante questa natura di “non primi della classe” delle persone: perché? Perché possono supplire all’incapacità del singolo l’organizzazione e la disciplina. Se ci si dà un’organizzazione che prevede dei protocolli precisi da eseguire per ottenere dei risultati, anche l’incapace che è in ognuno di noi, anche il non primo della classe che è in ognuno di noi può arrivare fino ad eseguire passo passo questi protocolli e quindi se gli impiegati delle ferrovie rispettano esattamente i protocolli, i treni arrivano in orario, e se l’idraulico fa esattamente quello che è scritto nel libretto di riparazione del rubinetto, il rubinetto viene riparato e senza che si producano delle perdite orribili nel muro. E questo spiega perché i treni italiani, per esempio, sono gli unici treni in ritardo del mondo civilizzato perché l’Italia è l’unico paese dov’è impossibile ottenere disciplina in obbedienza ad un’organizzazione: quindi gli italiani, l’italiano medio è mediocre come il tedesco medio, l’inglese medio, il francese medio, il giapponese medio, il brasiliano medio, anzi, l’italiano è meno mediocre probabilmente proprio perché altrimenti, non essendo capace di obbedire ad un’organizzazione, andremmo a fondo. Ma comunque il mediocre tedesco, austriaco o svizzero, siccome si adegua perfettamente ai protocolli stabiliti dalla sua organizzazione poi fa funzionare le cose, mentre l’italiano non si adegua e quindi non fa funzionare un bel niente.

In che cosa consiste il “fare errori”? Abbiamo detto che siamo degli incapaci, ma cosa vuol dire essere degli incapaci? Certamente, in un certo senso, vuol dire essere incapaci di coordinarsi con la realtà, di aderire alla realtà, di regolarsi sulla realtà. All’idraulico, non molto bravo, hanno insegnato a cambiare le guarnizioni e gli hanno detto quello che de ve fare, ma al lato pratico poi fallisce perché smontando il lavandino non si rende conto che nella realtà, al di là di quello che c’era scritto sul libro, ha compiuto un atto che avrà delle conseguenze. Un personaggio che comanda in questo paese, non recentemente ha scritto al padre di Eluana Englaro, che giaceva da anni in uno stato di debilitazione terminale, tenuta in vita soltanto in maniera artificiale. Ha scritto esattamente queste parole: “Mi dicono che ha un bell’aspetto e che potrebbe ancora essere madre”. Il padre ad un certo punto ha sbottato e ha detto: “Senti: vienila a vedere, non puoi scrivere “ha un bell’aspetto e può ancora essere madre”!

Su cosa si basa l’affermazione “Mi dicono che ha un bell’aspetto e che potrebbe ancora essere madre”? Quest’affermazione parte da un concetto e non dalla realtà. Probabilmente nella cartella clinica di Eluana c’era scritto che l’apparato riproduttivo non era compromesso, cioè che non aveva danni specifici all’apparato riproduttivo; allora, partendo dal concetto di apparato riproduttivo non compromesso, la persona stupida può benissimo trarre la conclusione che la paziente potrebbe essere madre perché ha l’apparato riproduttivo non compromesso, perché ha considerato il concetto e non la realtà che soggiace a quel concetto. La realtà che soggiace a quel concetto è che l’apparato riproduttivo non è compromesso, ma in una situazione come quella reale, se la si immagina, poi si capisce senza bisogno di spiegare altro: in una situazione reale in cui si trova, larvale, la persona tenuta in vita da anni soltanto con mezzi artificiali, poco conta che non abbia danni specifici all’apparato riproduttivo, non potrebbe mai, neanche lontanissimamente, avere alcun evento riproduttivo; non potrebbe mai diventare madre. A meno che quell’affermazione non sia fatta in malafede, per raccattare consensi, per sciacallare consensi sulla pelle di Eluana Englaro. Quella è un’affermazione stupida, o è astutissima o è stupida ed è stupida nel senso che parte da un concetto invece di partire dalla realtà. E cioè la stupidità può consistere nel non accorgersi che una cosa magari sul piano formale, verbale, sul piano della deduzione del senso, funziona, ma è sul piano della realtà che non funziona. Cioè nel non accorgersi che le parole che diciamo non sono veramente aderenti alla realtà: aderiamo ad un’idea prescindendo dalla realtà. Questo è il pensiero che si può chiamare, per così dire, magico e sentimentale. Ci accontentiamo di formulazioni che evocano concetti e pensiamo che le cose vadano nel modo di quelle formulazioni e di quei concetti, senza andare a controllare se le cose nella realtà vadano così. Ma, si badi, questo non è un pensare irrazionale o illogico, anzi è basato proprio sul logos, sulla parola, (logos termine greco: sta per parola).

Partendo dal logos, dalla formulazione, dalla enunciazione di cose, si può essere comunque tratti in errore perché non si controlla se questa enunciazione corrisponde alla realtà. Per esempio: l’idraulico sa che bisogna mettere la guarnizione nel suo alloggiamento e se si basa solo su questo non è sensibile al problema, ma poi l’alloggiamento avrà una piccola protuberanza di ruggine per cui una volta messa la guarnizione comunque non la tiene a tappare: l’importante è che la guarnizione tappi, che vada in piena battuta, in piena aderenza; quindi non basta seguire le istruzioni in parole “la guarnizione va messa lì”: bisogna poi che nella realtà la guarnizione faccia quello che le si chiede. Ecco: spesso questo passo di confronto delle parole, delle formulazioni, delle concettualizzazioni che abbiamo con la realtà concreta, non viene fatto ed è proprio dello stupido; e lo stupido che può anche essere dotto, può anche parlare benissimo, ma è stupido nel senso che non capisce davvero la realtà. Allora quello che dice: “Si, si poi mi sbrigo e arrivo in orario” e non pensa concretamente a tutti gli atti che dovrà compiere, poi arriva in ritardo e ha detto stupidamente “arrivo” perché gli è bastato dire “poi mi sbrigo” per pensare che poi in questo ci fosse la soluzione. Quanta gente funziona così…le basta dire “poi mi sbrigo” ed è convinta di avere prodotto la soluzione. La soluzione sta nel potere concretamente superare tutti i passi che ci vogliono per arrivare, compreso il parcheggiare la macchina all’ora di punta ecc. ecc. Questa è una stupidità diffusa che consiste nel confrontarsi davvero con la realtà nei suoi dettagli.

E allora, per esempio, ci sono persone che in questo pensiero, in qualche modo magico, credono. Credono che una volta detto: “lui verrà raggiunto da un influsso del pianeta Venere e quindi ti amerà di nuovo perché io con questa pozione renderò più sensibile questa parte del suo corpo all’influsso del pianeta Venere”, quando si sentono raccontare un discorso del genere, dato che sono superstiziosi, credono nell’astrologia e in quant’altro, ci credono veramente. E una formulazione del genere gli torna, dal punto di vista logico torna, salvo il fatto che è campata in aria e non è campata sulla realtà ed è stupidità pensare che questo abbia a che fare con la realtà. C’è gente che crede che le costellazioni possano esercitare un influsso sulla nostra vita perché crede che le costellazioni esistano, e perché crede che esistano? Perché hanno un nome, perché vengono disegnate; in realtà le stelle di una costellazione, che viste in proiezione da noi, viste una accanto all’altra, sembrano vicine, in profondità cioè in distanza, possono essere molto più distanti fra loro di quanto ciascuna di loro non lo sia rispetto a stelle di altre costellazioni: nella realtà le costellazioni proprio non esistono perché in profondità sono lontanissime fra loro le stelle della stessa costellazione! Se non si cerca di capire cos’è davvero una costellazione, si può pensare che le costellazioni siano cose che esistono e poi si può arrivare a pensare addirittura che abbiano un influsso sulla vita degli esseri umani.

Questo modo di funzionare è frequentissimo ed è quello appunto dei non primi della classe, cioè di quelli che fanno le cose in maniera staccata dalla realtà e quindi commettono continui errori perché le loro azioni non sono adatte ad intervenire sulla realtà. Sono quelli che dicono: “L’eccezione che conferma la regola”. L’eccezione non conferma la regola! L’eccezione distrugge la regola. Se c’è un’eccezione vuol dire che non c’è una regola. Il fatto che esistano le parole “L’eccezione che conferma la regola” può funzionare, può convincere, può essere adoperato in qualche senso soltanto da chi rinuncia ad avere un vero contatto con la realtà. E chi sono queste persone? La grande maggioranza, appunto.

Con qualche pessimismo siamo arrivati a dire che la maggioranza di noi è incapace, cioè non si sa relazionare con la realtà, commette continui errori. Io sto facendo il grillo parlante, sto dicendo: “Ah, tutti sbagliano” ma in realtà sbaglio io in continuazione ed anche nelle cose di cui sono specialista, figurarsi in quelle cose di cui non sono specialista. Dobbiamo accettare l’idea che siamo scarsamente in presa diretta con la realtà. Comunque perché sbagliamo tanto? Io direi che sbagliamo tanto perché siamo ignoranti. É l’ignoranza di come stanno veramente le cose che ti fa agire in un modo che non è relazionato, non è coordinato, non può essere efficiente nei confronti delle cose così come stanno.

Per vedere la realtà come è davvero, bisogna sapere moltissimo, perché la realtà è enormemente complicata, è fatta di cose plurime ed estremamente complicate. É più facile rendersi conto di questo scollamento tra noi e la realtà immaginando come eravamo un po’ di tempo fa…L’umanità primitiva che è anche l’umanità attuale nelle sue forme ancora primitive, vedeva nella realtà cose che non c’erano assolutamente e vedeva cose che non c’erano perché non vedeva bene quelle che c’erano. Cioè proiettava sulla realtà spiegazioni basate sulla nostra introspezione, sulla nostra esperienza; in base a ciò che conosceva davvero, vedeva la realtà, per cui tipicamente metteva principi spirituali, entità dotate di coscienza e volontà, personalità buone e cattive un po’ dappertutto nella natura: demoni, spiriti animatori delle varie cose, divinità piccole e grandi, forze sovrannaturali: tutte cose assolutamente inventate che noi abbiamo proiettato nella natura, nella realtà perché non sapendo darci delle spiegazioni reali, realistiche, abbiamo cercato di dare spiegazioni che somigliassero a ciò che conoscevamo. Naturalmente l’umanità ha sempre conosciuto il proprio io; ognuno ha sempre saputo istintivamente che cos’è il dire io, un essere persona e allora ha cercato di dare spiegazioni alle cose della natura attraverso questa cosa che conosceva bene. Tutte queste piccole divinità, queste forze animate, sono state spazzate via dalla conoscenza. La conoscenza della fisica, della chimica, della biologia, della psicologia, della anatomofisiologia, hanno spazzato via tutte le spiegazioni sballate. É chiaro che finché io non so che c’è un virus o un batterio o un piccolo agente patogeno che causa certe modificazioni patologiche dell’organismo ecc., se non so che c’è un virus cerco un’altra spiegazione e allora cosa mi invento? Mi invento un male, una punizione divina oppure l’untore: Renzo Tramaglino, nei Promessi sposi, di Manzoni, immaginato durante la peste del 1630, viene accusato e inseguito come “untore”, cioè come diffusore del male e in una maniera del tutto fantasiosa si vuol dare la colpa ad una persona perché non si sa che la colpa è invece di qualcosa di preciso, che poi una volta scoperto spazzerà via qualsiasi idea di untore. Quindi la conoscenza di ciò che non si vede immediatamente, spazza via le spiegazioni per esempio animistiche, superstiziose, le spiegazioni attraverso ciò che già conosciamo come persone, entità animate che fanno accadere le cose. Dunque chi è ignorante non vede la realtà com’è ma tende a proiettarci il poco che conosce: non gli viene neanche in mente di confrontarsi seriamente con la realtà. Se si ha esperienza di spiegazioni vere, se si ha esperienza della fisica, della chimica, allora poi si cercano sempre delle spiegazioni dello stesso tipo, ma se non se ne ha esperienza ci si accontenta di cercare sempre spiegazioni istintivamente prodotte del tipo “c’è una personalità, una divinità, una forza non meglio specificata che fa succedere questa cosa”; e allora ci si lascia imbonire dalla televisione, ci si lascia imbonire dalle varie superstizioni o religioni che forniscono spiegazioni fantasiose, spesso interessate. Però il problema è anche che se si prova ad entrare in contatto diretto con la realtà, si ha difficoltà a vedere la differenza fra le spiegazioni fantasiose e tra le spiegazioni superstiziose, magiche e le spiegazioni vere perché ci vuole una competenza per vedere questa differenza. Senza i mezzi adeguati, cioè senza le scienze, anche un forte impegno per tener conto della realtà può sortire poco effetto. E quindi si continuano a vedere fantasmi dappertutto. Se uno non conosce il virus, pensa alla punizione divina; se non si sa che si stabilisce una differenza di potenziale fra il terreno e il cielo, pensa che sia stato Zeus a scagliare il fulmine e non che si sia scaricata questa differenza di potenziale; se non si sa che il calore fa salire masse d’aria che poi arrivate in alto si allargano e creano una cella convettiva, si inventerà lo spirito del vento che muove le arie ecc ecc. Cioè vedrà persone dappertutto, persone che qui intendiamo come “forze non meglio identificate” che spiegano senza spiegare in realtà quello la cui spiegazione non ci è accessibile. Allora, per aumentare questa presa sulla realtà occorrerebbe veramente che tutti sapessero più cose. In realtà avremmo bisogno di essere un mondo in cui non c’è un solo primo della classe, ma ci sono tutti primi della classe o comunque molti, veramente molti primi della classe, molti che sanno davvero cosa hanno davanti e lo sistemano senza errori. Quindi un popolo di primi della classe non avrebbe probabilmente rubinetti che perdono e non avrebbe treni in ritardo e probabilmente non si lascerebbe nemmeno governare da ridicoli figuri che raccontano menzogne macabre speculando invece su tragedie molto reali delle persone e non si lascerebbe prendere in giro da maghi che in televisione, con modeste scenografie, promettono di ridarti l’amore di lui o di lei che ti ha lasciato mettendo a contribuzione filtri, amuleti e contributi “stellari”; contributi di entità in qualche modo personali, personalizzate, immaginate in un cielo dove queste entità non esistono affatto e sono sparpagliate in maniera disordinata nei miliardi e miliardi di chilometri.

Ci siamo domandati perché ci sia così spesso da lamentarci della incapacità di chi svolge un servizio e con un solito atteggiamento semplificatorio ci siamo detti: “Beh, non c’è da stupirsi perché volere che i servizi siano sempre svolti senza errori è come pretendere che i compiti di matematica a scuola siano sempre svolti senza errori”. La realtà in cui viviamo, la realtà che siamo è che il compito di matematica viene svolto con moltissimi errori da tutti con qualche eccezione di chi lo fa un pochino meglio e allora le prestazioni che uno eroga successivamente nella vita non ci sono buone probabilità che siano di livello migliore dei suoi compiti di matematica. Perché siamo tutti così incapaci, perché la nostra presa sulla realtà è così imperfetta? Probabilmente perché davvero non siamo primi della classe e non sappiamo abbastanza. Magari sappiamo recitare delle formule, sappiamo comprendere delle formulazioni, dei concetti, ma questo assolutamente non basta perché bisogna invece rendersi conto del rapporto che c’è fra i concetti e la realtà. L’intelligenza non è soltanto comprensione di concetti ma è la capacità di entrare in contatto effettivo con la realtà così com’è. La nostra società è significativamente preda di un modo di pensare che è il contrario di questo, cioè di un modo di pensare magico, di un modo di pensare superstizioso, superficiale oppure meramente verbale, verboso: ci sono persone all’onore del mondo che dicono delle cretinate assolute perché sono concettualmente presentabili, ma non sono in rapporto con la realtà e ce la danno a bere facilmente perché noi stessi non siamo sufficientemente in rapporto con la realtà. Se conoscessimo di più la realtà, se sapessimo tutti molto meglio com’è fatta, non ci lasceremmo raccontare fandonie; se sapessimo che la realtà è chimica, fisica, anatomia, non ci lasceremmo raccontare storielle su influssi di cose che assolutamente non esistono. Certamente dobbiamo perseguire una realtà migliore, cioè una realtà umana migliore, una situazione in cui le persone sono sempre più armate contro la stupidità e l’astrazione finta. Quindi dobbiamo perseguire una realtà in cui le persone studiano di più e non, come si sta facendo adesso, una realtà in cui il sistema nazionale dell’educazione e dell’istruzione viene smantellato e combattuto dal governo stesso che dovrebbe invece difenderlo, perché poi alla fine avremo i rubinetti che si riparano meglio e i treni che arrivano più in orario: ne abbiamo bisogno proprio per ragioni banalissime…

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