“Dentro” l’opera di P. L. Pizzi
Parlando di P. L. Pizzi non possono non venire in mente le parole di Gérard Fontaine che fanno da introduzione al bellissimo catalogo della mostra di scenografie “SOGNO E DELIRIO” (Accademia di Francia – Roma – 1997), in cui afferma che l’opera è un sogno in musica ad occhi aperti, un sogno che si vuole rappresentare nel modo più concreto e più persuasivo possibile. Come il sogno, anche l’opera ha bisogno di affidarsi ad immagini visivamente suggestive; per questo, nell’opera, la scenografia non svolge un ruolo accessorio, bensì indispensabile. E questo a dispetto della sempre più frequente abitudine di mettere in scena l’opera senza scenografia e costumi. Per svolgere appieno la sua funzione, la scenografia, secondo Fontaine, deve: essere onirica, interagire con la materia del sogno, e dunque essere mobile e persuadere per quanto possibile lo spettatore che quello che sta vedendo sulla scena è reale; deve quindi essere realista. Onirismo, mobilità e realismo: questi i temi attorno ai quali si articola il discorso sulla scenografia d’opera.
L’onirismo, il sogno, la visione, tempo e movimento riescono a raccogliere credibilità nella nostra percezione, soltanto quando ogni cosa concorre alla concretezza dell’osservazione: tutto ci deve convincere della realtà della visione che è cosa assai diversa della rappresentazione della realtà nell’accezione più comune del termine. Molti sono gli elementi che ci convincono che “SO DOVE SONO, MA DOVE SONO, NON SO DOVE SIA”. (François Régnault – Histoire d’un Ring): crediamo sia questo il senso della scenografia in Pizzi. Tutto è diretto e concentrato nell’azione drammatica, sinteticamente richiamato da elementi e movimenti essenziali, da spazi ed architetture equilibrati e da una luce di cui Appia ha dato l’affascinante definizione di “musica dello spazio”. Nessuna concessione ad un inutile decorativismo.
Realtà della visione, quindi, e non visione della realtà.
Tutto ciò richiede innanzitutto una grande cultura, un attento studio, una grandissima capacità interpretativa e drammaturgica ed una abilità progettuale straordinaria: ho avuto modo di vedere dei piccoli schizzi preliminari a penna sui quali Pizzi è solito formulare le sue valutazioni e pre-visioni su quello che poi diventerà il suo progetto e poi lo spettacolo; quei veloci tratti di penna rivelano un pozzo di sapienza storica e stilistica, di abilità grafica, ma soprattutto di precisione dimensionale, dote decisamente assai rara, ma preziosa.
Dunque quei piccoli pensieri grafici diventeranno grandi superfici, enormi volumi, spazi mutevoli, reali masse architettoniche o sculture semoventi: sembra quasi un miracolo o quantomeno il risultato di una sorta di magia.
Dietro la vera e propria metamorfosi che trasformerà queste piccole forme in veri, giganteschi elementi scenici mobili – i cosiddetti “coadiuvanti” – che consentiranno le affascinanti variazioni che asseconderanno armonicamente la progressione drammatica, ci sono delle esperienze, delle culture, dei saperi molto particolari, specialistici, che il grande pubblico non conosce, ma che rappresentano una vera e propria “sapienza storica” teorica e tecnica, formatasi alla sola scuola della pratica di palcoscenico, nella prassi teatrale.
Sono una schiera di abilissimi operatori di alto-artigianato, di artisti di un’arte applicata, antica, capaci di rendere un incerto prototipo (perché ogni scenografia questo è…), in tempi brevissimi e soprattutto con costi accettabili, una macchina teatrale sicura, affidabile, funzionale e funzionante, ma soprattutto magnifica, extra-ordinaria, al di fuori della normalità.
Magia forse? Si potrebbe, non senza una certa enfasi, definirla anche così. Ma è “solo” sapienza, lavoro, capacità ed esperienza. Un’esperienza che affronta ogni tipologia di novità ed imprevisto come rientrasse nell’assoluta quotidianità: lo straordinario diventa normalità. Viene quasi alla mente l’antesignano scenografo e scenotecnico di epoca barocca, Torelli, che per i suoi “magnifici ingegni”, tutti definivano “lo stregone”.
Uno di questi scenotecnici, Vanni Delfini, fondatore della Delfini Group che ha spesso realizzato progetti di Pizzi, raccontando delle sue prime esperienze di lavoro nel campo della costruzione teatrale ricorda:«Cominciai con l’accettare lavori che tutti gli altri rifiutavano: per me erano ogni volta sfide stimolanti».